giovedì 22 ottobre 2009

Il pontile di Bagnoli


di Tina Paliotti


Un tempo arrivavano le navi da chissà dove. Venivano a scaricare materie prime e poi a ritirare il finissimo acciaio lavorato e prodotto dall’Italsider. E proprio lì, tra le macerie della fabbrica chiusa da decenni, nell'immobile spazio che ricorda il sudore di chi ci ha trascorso - se non perso! - tutta una vita, tra i resti degli altiforni del mostruoso impero e gli edifici e i capannoni e le strutture in ferro, lì proprio, è rimasto anche il pontile.




Lungo quasi un chilometro si estende oltre la riva, oltre gli scogli, e ti trovi in mezzo al mare, come su una di quelle navi tanto grandi che quando vanno il mare non lo senti. Avevano provato in tutti i modi a demolirlo, anche i tedeschi nell’ultima guerra lo avevano riempito di mine, ma lui niente,  neanche un graffio, solido come una roccia, costruito di pilastri di ferro e cemento che non si smuovono con le bombe neanche di un centimetro.




Sembrava una cosa inutile, una lingua di ferro senza senso sdraiata inerte per decenni sopra al mare, fin quando a chissà chi è venuto in mente di farne un passeggio. Un lungomare in mezzo al mare, con i sedili in pietra, le ringhiere, i lampioncini, le fontanine e i cestini per i rifiuti. E alla gente è piaciuto, e ora tutti parlano di come è bello passeggiare sul pontile.




E stamattina ci sono andata anche io, al pontile. Su, per una scala di ferro che ci sono arrivata col fiatone  che non sapevo ci fosse l’ascensore. E ora eccomi qui su questo lungo corridoio che si inoltra largo e solido nel mare. 
C’è gente, quella lenta e sonnacchiosa della domenica mattina. I bambini corrono e i vecchi si riposano sugli scanni di cemento, tutti con l’aria stupita e un po’ contenta, come se non ci fosse spazio per il vociare sui problemi, perché la bellezza qui è talmente tanta che non hai più il tempo di pensare ai piccoli fatti tuoi.




Sotto il caldo sole d’autunno vado avanti.

Nisida sta lì, oltre il confine tra la terra e il mare, quasi la tocco con la punta delle dita. Ma già lo sguardo fugge via e mi regala l’illusione che attraversando il ponte mi ritrovo a Procida, e proprio lì davanti, con un piccolo balzo sono a Ischia.
Perché per mare, se il tempo è bello e l’aria nitida, le isole, le tieni più vicino.

Immersa nel bagno d’aria e sole, con il mare che si chiude all'orizzonte sulla striscia d'asfalto, respiro finalmente libera e padrona dello spazio che infinito mi accoglie.

Ma quando il nuovo è troppo bello quasi ti spaventa e lo so, non avrei dovuto, ma d'improvviso con uno di quei gesti involontari, quasi a ritrovare la sicurezza della terra ferma o anche a rimirar la costa, che vista dal mare a volte la città è più bella e sembra un'altra, mi blocco, mi volto e guardo indietro. E proprio lì, in quell'attimo a Bagnoli, resto di pietra anch'io come il pontile.

Lo sguardo dal mare non regala su Bagnoli lo stupore di una costa in una nuova prospettiva, ma uno schiaffo in pieno viso. Da lassù nulla sfugge e stride il contrasto tra la terra e mare. Il ferro per anni lavorato trasportato e forse mai smaltito ha lasciato il suo segno. Gli scogli che si affacciano sul mare sono rossi, e rossa pare l'acqua che li sfiora ad ogni onda. Lo spazio è tale e tanto che lo sguardo si perde all'infinito e spazia tra quel che sembrano i resti di una città in rovina e di immensi capannoni abbandonati e di un parcheggio dove restano solo erbacce e la memoria dei sudori dei tempi che furono.


Lo spazio desolato e immenso mi lascia attonita.
Da un lato il mare e la bellezza, dall'altro i resti di un mostro edificato in un angolo di paradiso, che ha dato cibo e sacrificato gente in tempi in cui la sicurezza sul lavoro era solo un mito, e chi ci ha lavorato racconta che sugli altiforni, ogni giorno, morivano una decina di persone.

Come si cancella il passato?
La fatica e il sudore, le urla e la disperazione, finanche il sangue di coloro che hanno trascorso e lasciato la vita, cementa quel che resta delle strutture. Una insolita atmosfera irreale aleggia sull'immensità del luogo.

Potrebbe essere uno spazio dedicato al turismo,  costruire alberghi, passeggiate, lidi balneari, e poi abitazioni e bar, ristoranti e discoteche. Ma i resti della fabbrica sono immani. C’è troppo ferro, e rotaie e cemento sono oramai parte della costa e integrati in essa. Da quassù capisco che demolire e ristrutturare è una impresa immane, se non impossibile.

Sono anni che se ne parla e i progetti sono tanti: demolire le strutture ancora esistenti e costruire una intera cittadina affacciata su un litorale simile ad un paradiso,
Ma l’inquinamento non perdona.
E quel pontile, lo stesso che oggi apre ampi spazi di aria e sorrisi alla gente che sonnolenta e beata passeggia di domenica mattina, quel pontile trasformato in passeggiata solo perché impossibile da demolire, quel pontile continua a cedere al mare tutto il ferro e le altre sostanze inquinanti e tossiche con cui è stato costruito.

Mi volto ancora al mare,le isole la montagna accanto, il paradiso lì davanti, l'inferno alle mie spalle.

Non sono più lieta, né serena. La passeggiata ora è piena di pensieri.

Tina Paliotti

22 ottobre 2009

lunedì 5 ottobre 2009

La Crypta Neapolitana e il Parco Virgiliano



Sono tanti i napoletani che non lo conoscono. E' il Parco Virgiliano, il parco che prende il nome dalla tomba di Virgilio, che pare sia stata posta lì.
E' un luogo particolare, denso di atmsfere che stride con l'ambiente che lo circonda. Posto ai margini dell'ampio tunnel che da Mergellina porta a Fuorigrotta, occorre andarvi di proposito perché nessuno mai vi si troverà a passare lì davanti, per caso.

Occorre incamminarsi come a voler andare a piedi sotto il tunnel. Costeggiando la chiesa di Piedigrotta, subito dopo esser passati sotto il ponte della ferrovia, sulla sinistra ecco apparire un cancello. Come si oltrepassa già si entra in una nuova dimensione, ma sembra che sia tutto lì: una stradina in salita con in cima un mausoleo.
Pare finisca proprio lì, e invece la strada gira e si apre sul parco,
un angolo di paradiso dove giacciono tesori e di ogni tipo, tra cui la cripta neapolitana.

Il parco è dedicato a Virgilio, il Virgilio poeta come noi lo conosciamo che lo abbiamo studiato a scuola, e che Dante scelse come sua guida tra i gironi dell'inferno e nel purgatorio. Ma quanti sanno che un tempo, pochi anni prima dell'avvento di Cristo, Virgilio, a Napoli, aveva un potere tale da esser considerato protettore della città?
Un protettore che utilizzava persino arti magiche e divinatorie per difendere un territorio che amava.

E fu con la magia, narra la leggenda, che Virgilio riuscì a costruire la cripta,
l'antica galleria che collegava Napoli con i Campi flegrei, in una sola notte, quando si rese conto che occorreva un passaggio più breve che collegasse Napoli a Pozzuoli.

I secoli cancellano la storia e alimentano leggende, ma una cosa è sempre certa, che le maggiori innovazioni avvenivano a scopi militari. Da sempre la ricerca del potere ha mosso i popoli a lottare e a inventare strategie per poter raggiungere i propri obiettivi. E anche questo tunnel basso, scuro e lungo poco più di settecento metri, molto probabilmente fu costruito per scopi bellici e fu poi utilizzato dai più temerari che osavano attraversare quel luogo stretto e buio, spesso luogo di rapine e omicidi.

In seguito questo luogo insolito, ai piedi della collina di Posillipo, dove Virgilio pare coltivasse le sue erbe e dove fu costruito un acquedotto, che dal Serino portava l'acqua a Napoli, questo luogo oscuro divenne inoltre sede di riti, festini e baccanali, dove, complice l'oscurità, pare avvenissero dei riti pagani consacrati al dio Priapo, il dio della fertilità.

Tutto questo ricorda il parco Vergiliano e ancor di più.
Come si sale lungo il viale ben presto ci si accorge delle varietà di piante che sono lì coltivate. Sono le piante utilizzate da Virgilio per alleviare le sofferenze umane, ognuna con un proprio potere medicinale, un sapere antico andato perso, trasformato dalla chimica nei nostri farmaci attuali.

Il parco è stato da pochi anni ristrutturato. Ci accoglie il silenzio, il profumo delle piante e il mausoleo di Virgilio che pare non contenga più l'urna con i suoi resti, ma vi si può leggere l'epitaffio:

Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua, rura, duces
("Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, mi tiene ora Partenope; cantai i pascoli, le campagne, i duci".)









Salendo ancora per il viale ci si trova di fronte l'alto mausoleo che commemora Giacomo Leopardi. La sosta è d'obbligo, qualche foto, e difronte ecco che ci si incanta davanti le piante acquatiche e flora di ogni genere.



Ma si continua ancora a salire e si va su, ed ecco la crypta. Delle pesanti grate ne chiudono l'ingresso, ma solo se vi si avvicina si può immaginare l'intenso fascino e l'atmosfera che la permeava.
E d'intorno si notano ancora i resti di affreschi e dell'acquedotto e un oscuro antro dove pare fossero riposti arnesi antichi di ogni genere e dove pare fosse il laboratorio di Virgilio.

(continua)

sabato 3 ottobre 2009

sabato 26 settembre 2009

L'obelisco di Piazza del Gesù



La Piazza del Gesù sorge nel centro di Napoli ed il suo obelisco, la guglia dell'Immacolata, è il più famoso della città.
E' usanza che, ogni anno, l'8 settembre, festa dell'Immacolata Concezione, la città offre alla Madonna una corona di fiori.
Eretto nel XVIII secolo ad opera dei Gesuiti, pare si ispirasse alle innumerevoli macchine da festa presenti in quei secoli. Si presenta rivestito da sculture marmoree.
La leggenda narra che però si rendano visibili, attraverso le scultore che lo rivestono, con delle particolari condizioni di luce, e da una determinata propspettiva, alcune immagini blasfeme e finanche quella della morte con tanto di falce.
Spesso i messaggi che i nostri antenati ci hanno fatto pervenire attraverso sculture e altre opere d'arte, appaiono colmi di contraddizioni in quanto si nota questa presenza simuntanea di sacro e profano, ma forse non è un caso.
Forse è un invito a considerare che il bene e il male possono coesistere, tocca a noi porsi nella giusta prospettiva per cogliere le cose positive della vita.





mercoledì 16 settembre 2009

In città senza la mia auto - 16/22 settembre 2009:




Aderiamo tutti alla giornata europea senza auto.
Martedì 22 settembre lascia a casa l'auto e va a piedi in ufficio.
Penso che sia la città che i nostri polmoni ci ringrazieranno alla grande!

Sono state prese numerose iniziative dai vari comuni.
Anche Napoli partecipa, ecco il link:

Comune di Napoli - 16/22 settembre 2009: Settimana europea della Mobilità Sostenibile

e speriamo che siano potenziati i servizi pubblici...

domenica 13 settembre 2009

martedì 1 settembre 2009

Piedigrotta 2009 - il programma





Calendario settembre 2009

3 GIOVEDI
INAUGURAZIONE MOSTRA"FUTURISMO MANIFESTO 100X100. CENTO ANNI CENTO MANIFESTI" ‐ PALAZZO REALE
Ore 20,00
“Jamme a Piererotta” di Benedetto Casillo ‐ Storie e leggende sull’antico percorso
dei Sabati in onore della Madonna ‐ Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Piazza
Vittoria
Ore 21,00
Spettacolo “Festa di Piedigrotta” regia di Nello Mascia ‐ Cortile del Maschio
Angioino
Ore 21,30 Accensione Luminarie artistiche ‐ Largo Torretta

4 VENERDI
Ore 20,00
Spettacolo “Ho veduto volare. Trittico per Boccioni” con Giancarlo Schiaffini e Silvia
Schiavoni a Palazzo Reale
Ore 21,00
Spettacolo “Festa di Piedigrotta” regia di Nello Mascia ‐ Cortile del Maschio
Angioino

5 SABATO
Ore 12,00 Visite guidate alla Crypta Neapolitana
Ore 10,00‐13,00 Laboratorio bambini in Villa Comunale
Ore 19,00
Sfilata carri allegorici
percorso Palazzo Reale, via Santa Lucia, Lungomare Caracciolo, Santuario di
Piedigrotta, Rotonda Diaz.
Ore 21,00
Spettacolo “Festa di Piedigrotta” regia di Nello Mascia ‐ Cortile del Maschio
Angioino
Ore 24,00 Spettacolo pirotecnico sul lungomare Caracciolo

6 DOMENICA
Ore 12,00 Visite guidate alla Crypta Neapolitana
Ore 16,00 Laboratorio bambini in Villa Comunale
Ore 17,00 Sfilata bambini con vestiti di carta fino al Santuario di Piedigrotta
Ore 18,00 Esposizione prodotti tipici in villa comunale
Ore 21,00 1° serata Audizioni alla Rotonda Diaz
Ore 21,00 Spettacolo “Festa di Piedigrotta” regia di Nello Mascia ‐Cortile del Maschio Angioino

7 LUNEDI
Ore 20,00
“Jamme a Piererotta” di Benedetto Casillo ‐ Storie e leggende sull’antico percorso
dei Sabati in onore della Madonna ‐ Chiesa di Sant'Anna alla Torretta

8 MARTEDI
Ore 21,00 2° serata Audizioni alla Rotonda Diaz

9 MERCOLEDI
Ore 21,00
Spettacolo “Piedigrotta Futurista” da Francesco Cangiullo. ideazione e regia di
Gianfranco Gallo – con Gianfranco e Massimiliano Gallo ‐ Location da definire

10 GIOVEDI
Ore 21,00
XXVII edizione della "Serenata alla Madonna" di Benedetto Casillo da un'idea di Don
Giuseppe Cipolloni con la partecipazione degli artisti napoletani ‐ Santuario di
Piedigrotta
Ore 21,00
Spettacolo “Piedigrotta Futurista” con Mauro Gioia e Barbara Carlotti ‐ Palazzo
Reale

11 VENERDI
Ore 18,00 Concerto “Delizie napolitane ovvero in lode della villanella” alla Crypta Neapolitana
Ore 21,00 Concerto di Elton John in Piazza del Plebiscito

12 SABATO
Ore 12,00 Visite guidate alla Crypta Neapolitana
Ore 12,00 Concerto “Didone e le altre” arie e sinfonie alla Crypta Neapolitana
Ore 18,00 Carri alla Rotonda Diaz
Ore 18,30 Santa Messa alla Rotonda Diaz
Ore 19,30 Processione Madonna di Piedigrotta
Ore 21,30 Spettacolo teatrale ”Festa di Piedigrotta” regia di Nello Mascia alla Rotonda Diaz
Ore 23,00 Spettacolo pirotecnico – Lungomare Caracciolo

13 DOMENICA
Ore 11,00
Visite guidate alla Crypta Neapolitana
Ore 12,00 Concerto “Musa Latina” L’invenzione dell’antico” alla Crypta Neapolitana
Ore 18,00 Animazione in Villa comunale
Ore 21,00 Finale Audizioni Rotonda Diaz

sabato 29 agosto 2009

Vincenzo Gemito

‘O scultore pazzo
di Franco Santamaria

Gemito, uno dei tanti figli della Madonna abbandonati nella ruota della Nunziata, aveva un pensiero fisso: non si può fare nessuna opera se non si conosce il passato.

E, stranamente, i suoi bronzi di nudi di bambini con le bocche carnose e i sorrisi “sfroguliatori” uniscono l’arte perfetta dei greci a quella realistica dei figli della fame di una Napoli imbrigliata fra passato e futuro. 

Gemito insieme al suo amico pittore Mancini non si accontenta della realtà già di per se povera dei visi e della carne; vuole andare oltre, cerca i “malatielli”, cerca il piccolo “idiota” e li rappresenta con la più povera delle materie: la creta, la terracotta, perché povero e malato è il massimo di una ricchezza dell’espressione.

La mente vacilla e gli psicologi cercano di capirlo ma lui si spiega:- L’arte di per sé è una pazzia… comme faccio a essere ‘e ‘n’ata manera!?

A trentacinque anni cessa di lavorare e riprende dopo venti anni.

A settanta anni si fa fotografare continuamente nudo con la sua folta barba bianca: I vestiti… pecchè ci stanno ‘e vestiti?! A settantasei anni muore chiudendo gli occhi e mormorando:- Voglio dormire.

Li ho visti i bronzi e le terrecotte. Li guardo da anni a Sanmartino, villa Pignatelli, il più bello, ‘o piscatoriello, a Firenze l’ho divorato con gli occhi per ore… un custode mi guardava con sospetto..

Quando guardo quelli di Napoli mi sposto poi a via Caracciolo, al lido Mappatella o sotto castel dell’Ovo: sugli scogli schiaffeggiati dal mare ci sono i bambini del Pallonetto magri e neri di sole. 
L’altro giorno uno di questi era accovacciato su se stesso, il capo reclinato in avanti fino a toccare la pancia tonda, cercava granchi con una canna e un arpione di ferro. Le piccole scapole sporgevano come ali. Il sole lo colpiva e braccine e gambe brillavano. Era di carne o di bronzo? La leggenda c’è. Si dice che i bronzi quando vedono i turisti abbandonare il museo per andare a pranzo alla Zi Teresa, si animano, percorrono la villa comunale e via Caracciolo di corsa chiamandosi “Ciro” , “Tatò”, “ curre curre”, "t’aggio fatto” e ridono, ridono come tutti i bambini che vivono solo il presente… e, a nuoto, come piccoli delfini, attraversano il tratto di mare fino al porticciolo di Santa Lucia e lì i turisti li rivedono animati, un po’ sorridenti per lo scherzo che stanno combinando loro. E si guardano in faccia con strani sorrisi perché non capiscono ma sono incantati.
Gemito. 

Il suo vero nome era Genito, da “generato” come Esposito, perché non è una vergogna, perché a Napoli si “espone” ciò che è bello e uno è bello già solo perché è nato, c’è e se non c’è più è bello lo stesso forse più di prima.

E poi la sua “crocchia”: Di Giacomo, Dannunzio, Mancini, de Nittis, Morelli ma anche Mussolini. Ma soprattutto l’altro scultore Ierace che porta la modella nel suo studio e la fa sdraiare su un divano di fronte a una finestra dai vetri colorati perché il sole colpendola continuamente sul viso la faccia addormentare nel più dolce dei modi e mentre lavora la creta con le mani fa suonare la canzone “Era de maggio” che Di Giacomo aveva appena composta. E l’opera si chiama proprio così: “ era de Maggio” e la testina di terracotta ha gli occhi chiusi e lei dorme di sonno e di canzone.

Il pensiero è elementare ma una cornucopia può riversare monete, perle oro e gioielli che brillano sotto al sole… ma se i passanti sono ciechi?...Non fa niente, l’importante è che la cornucopia sia lì ricca e brillante per chi decide di guardarla un po’ di più.

E’ strano ma si può volere bene a persone che non si sono mai conosciute e viene voglia di abbracciarle forte di tenerle strette, ma molto strette sul petto...

Franco Santamaria

venerdì 28 agosto 2009

Era de Maggio

Era de maggio e te cadeano ‘nzino
a schiocche a schiocche li ccerase rosse...
Fresca era ll’aria e tutto lu ciardino
addurava de rose a ciente passe.

Era de maggio — io, no, nun me scordo —
na canzona cantàvamo a ddoje voce:
cchiù tiempo passa e cchiù me n’allicordo,
fresca era ll’aria e la canzona doce.


E diceva. «Core, core!
core mio, luntano vaje;
tu me lasse e io conto ll’ore,
chi sa quanno turnarraje!»

Rispunnev’io: «Turnarraggio
quanno tornano li rrose,
si stu sciore torna a maggio
pure a maggio io stonco cca».

E so’ turnato, e mo, comm’a na vota,
cantammo nzieme lu mutivo antico;
passa lu tiempo e lu munno s’avota,
ma ammore vero, no, nun vota vico.

De te, bellezza mia, m’annamuraje,
si t’allicuorde, nnanze a la funtana:
l’acqua Ilà dinto nun se secca maje.
e ferita d’ammore nun se sana.

Nun se sana; ca sanata
si se fosse, gioia mia,
mmiezo a st’aria mbarzamata
a guardare io nun starria!


E te dico — Core, core!
core mio, turnato io so’:
torna maggio e torna ammore,
fa de me chello che buo’!

Salvatore di Giacomo e P. M. Costa
1885

lunedì 24 agosto 2009

giovedì 20 agosto 2009

Napoli è...




Napoli è il profilo di una collina che discende dolce al mare e la sua costa si allarga a semicerchio nell’ampio golfo che la contiene.

Il mare qui non è mai troppo cattivo, anche in inverno riflette i raggi del sole sui visi della gente e una brezza leggera ne rinfresca le sere quando è estate.

Sullo sfondo il Vesuvio, simbolo e vessillo della città, elegante, silente ma non muto, infiamma i cuori e gli animi, e resta a ricordare quanto tutto sia fugace e impermanente.

Napoli è città d'arte. Musei, chiese, palazzi, piazze, fontane e statue che incroci ad ogni angolo,
 e raccontano la storia della città. La sua bellezza e il patrimonio artistico ha attratto gente da ogni dove. Richiamati dal disegno naturale della costa, dal clima mite e dalla posizione strategica, è sempre stata terreno di scontro tra le popolazioni che vi si volevano insediare.

E come una bella donna è stata desiderata e presa, violata e umiliata, ma anche corteggiata e ingioiellata, adorata ed eletta regina.

Per lunghi secoli Napoli è stata la capitale di un regno, e più popoli si sono alternati, lottando per dominarla.
Greci e romani, bizantini e normanni, e poi ancora gli Svevi dalla Germania e gli Angioini dalla Francia, e gli Aragonesi e i Borboni dalla Spagna. Re e viceré, duchi, regine e imperatori, in un alternarsi di eventi, poteri e dominazioni, si insediavano e ne modificavano l'essenza, chi depredandola, chi lasciandone il segno con nuove strade, chiese, cattedrali e castelli.
Vi dimoravano fin tanto che riuscivano a ricacciare con la forza altri invasori ancora, di altro aspetto, altra lingua, altra cultura.

E il popolo napoletano, mite e gioviale, pago dal benessere del clima e dalla bellezza del luogo, non ha mai sviluppato la grinta e la stoffa del guerriero. Non avendo alcun motivo di ricercare e conquistare altrove territori migliori, non ha imparato a guerreggiare e nemmeno a difendersi. Ha quindi subito, con sospetto e diffidenza, una moltitudine di insediamenti di genti e culture più potenti, costretto a farsi carico del peso dei capricci e delle guerre dell’invasore.

Un popolo che ha dovuto imparare a sottostare a un potere più forte. Un potere estraneo e straniero mai accettato, anche se dal confronto e l'integrazione con culture diverse, ha arricchito il proprio patrimonio artistico e culturale.

E oggi Napoli si presenta così. Un paradiso assediato in terra. Abitata da un popolo che ne riflette l’evoluzione, un insieme di culture diverse che nel bene e nel male si scontrano e si integrano l’una nell'altra. Un insieme variopinto e multicolore che rendono Napoli unica nel mondo.

Tina Paliotti